lunedì 26 dicembre 2011

Saggio breve sul bullismo per la IV B (tranne Guglielmo e Pietro)

TIPOLOGIA B
Redazione di un saggio breve: “Il bullismo”
Sviluppa l'argomento in forma di "saggio breve" utilizzando i documenti e i dati che lo corredano. Argomenta la tua trattazione, oltre che con la documentazione proposta, anche con opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed esperienze personali. Da' al saggio un titolo coerente con la tua trattazione e ipotizzane una destinazione editoriale (rivista specialistica, fascicolo scolastico di ricerca e documentazione, rassegna di argomento culturale, altro). Non superare le quattro-cinque colonne di foglio protocollo.

DOCUMENTI

PALERMO - A Palermo, una professoressa della scuola media "Giulio Bonfiglio" è stata aggredita da alcuni studenti di terza media. L'insegnante è dovuta andare al pronto soccorso a farsi medicare [...] La donna è stata circondata in classe da un gruppo di cinque studenti durante la lezione. Dopo le minacce qualcuno l'avrebbe fatta cadere spostando la sedia della cattedra mentre stava per sedersi. Per la preside della scuola non c'è "nessuna aggressione, nessun branco. Solo un ragazzino, probabilmente spalleggiato da una classe molto vivace, che ha tolto la sedia all'insegnante di educazione fisica e l'ha fatta cadere. Certo è un episodio brutto, uno dei tanti che accadono in questa scuola, dove ci sono allievi molto vivaci, ma parlare di violenza mi sembra esagerato". E' solo uno dei casi che negli ultimi giorni hanno riportato alla ribalta il problema del bullismo. Due ragazzi di 18 anni hanno trasformato la linea ferroviaria Bracciano-Viterbo in un incubo per decine di studenti che ogni giorno la frequentavano. Prima disegnavano barba e baffi con un pennarello indelebile sul viso ai ragazzi al primo anno delle superiori. Poi ponevano loro domande sul paese in cui fermava il treno. Ad ogni risposta sbagliata scrivevano su parti del corpo il nome della stazione e un voto con un pennarello indelebile. Coloro che tentavano di sottrarsi venivano intimoriti con minacce [...]. Alcuni agenti sono saliti sul convoglio come viaggiatori e, non appena i due diciottenni hanno cominciato col loro "rito iniziatico", sono entrati in azione, li hanno identificati e denunciati per violenza privata. Un quadro che rimane, insomma, preoccupante. Secondo un sondaggio di Svg "il 18% dei giovani italiani dice di aver subito violenze o angherie da compagni di scuola, il 48% ha assistito a episodi di bullismo". Il 38% del campione ammette che il bullismo sia molto più diffuso che in passato e il 26% ha paura di esserne vittima. Tra gli altri dati figura una forte diffidenza verso i media, che per il 78% degli intervistati danno un'immagine negativa dei giovani (Repubblica, 25 settembre 2008)

SONDRIO - Bullismo al femminile in una scuola di Sondrio. Una studentessa di 14 anni è stata aggredita da tre ragazze, più grandi di lei di due anni, e adesso non vuole più tornare a scuola. Una delle tre "bulle" frequenta lo stesso istituto linguistico della vittima mentre le altre sono iscritte alla Ragioneria e al liceo Classico della città. Qualche giorno fa, le tre ragazze hanno aspettato la vittima all'uscita da scuola, l'hanno aggredita alle spalle, afferrata per i capelli e scaraventata con violenza a terra. Nella caduta, la ragazzina ha sbattuto il viso, ferendosi. Soccorsa in un primo momento da alcuni giovani che hanno assistito all'aggressione, la giovane è stata poi accompagnata in ospedale dalla madre. "La prima prognosi - spiega quest'ultima - è stata di sette giorni ai quali se ne sono aggiunti altri quindici dopo un secondo controllo. Mi sono incontrata con la preside, che mi ha garantito il suo sostegno. All'istituto non abbiamo nulla da rimproverare. Ora mia figlia è scossa e non vuole più tornare a scuola".
(Repubblica, 26 settembre 2009)

Il cyberbullismo, ovvero il lato negativo della tecnologia: la tortura psicologica per un adolescente del ventunesimo secolo può alimentarsi sul web, viaggiare via sms, materializzarsi tra gli "amici" del social network preferito. Un tormento che non si può chiudere fuori dalla porta della stanza e a cui è difficile sfuggire, con i computer e i cellulari sempre connessi. In Gran Bretagna la risposta arriva da una campagna nazionale che combatte i bulli virtuali attraverso i cybermentor: giovani 2.0, pronti ad ascoltare i coetanei che soffrono per situazioni di questo tipo, sentinelle da contattare sul web per ottenere supporto.
L'idea è dell'associazione per la prevenzione del bullismo Beatbullying, che ha lanciato il sito Cybermentors partendo dal presupposto che per i teenager è più facile sfogarsi con ragazzi come loro che con genitori e insegnanti. I mentori digitali sono circa settecento volontari che hanno superato un corso di formazione e danno supporto prima dell'intervento degli esperti. Il programma ha subito sortito i suoi effetti: in tre settimane dall'apertura del sito più di 20mila giovani si sono rivolti al servizio per cercare aiuto. "Centinaia di loro hanno ammesso apertamente di aver pensato al suicidio o all'autolesionismo perché vittime di bullismo verbale o fisico, sia online che non", afferma Emma Jane Cross, direttore generale dell'associazione.
L'argomento è d'impatto, così come le immagini che accompagnano la campagna firmate dall'agenzia M&C Saatchi: un flacone di pillole accanto a un corpo esanime, un polso insanguinato, persino un impiccato. Dietro alla crudezza di questi manifesti c'è un rimando a fatti di cronaca. L'ultimo è la vicenda di Jessie Logan, 18enne americana, che si è tolta la vita perché vittima di bullismo. La ragazza aveva praticato quello che in gergo si chiama "sexting", aveva spedito con il cellulare al suo fidanzatino alcune foto osé. Quando la loro relazione si era interrotta le immagini avevano iniziato a circolare e per lei era cominciato l'incubo: insulti, scherno, reputazione rovinata. Jessie era andata anche in televisione per chiedere di fermare l'infame catena virtuale, ma alla fine non ha retto il peso della vergogna e si è suicidata.
Storie portate fino alle estreme conseguenze, che spesso sfuggono alla volontà di chi ne ha dato il via. L'obiettivo dei cybermentor è aiutare le vittime, creare un sistema di allarme che denunci se c'è "bullismo in corso", ma anche far prendere coscienza ai bulli della gravità delle loro azioni. Secondo uno studio condotto da Beatbullying su circa duemila adolescenti tra gli 11 e i 18 anni, uno su tre ha subito bullismo, mentre il 56 per cento dei ragazzi ha praticato almeno una volta il bullismo virtuale: dalla forma lieve come l'sms offensivo a quella più forte del pettegolezzo amplificato dalla rete, magari condito con fotografie e video. La ricerca segnala anche che per il 31 per cento del totale si è trattato di uno scherzo, mancava la piena consapevolezza del male che si stava causando.
Il portavoce della campagna è il campione di boxe di origine italiana Joe Calzaghe, che racconta di essere stato vittima dei compagni di classe quando aveva 13 anni. La riscossa contro il cyberbullismo voluta da Beatbullying tocca tutti i mezzi preferiti dai giovanissimi, con canali dedicati su Flickr, YouTube, Twitter e Bebo, uno dei social network più amati in Gran Bretagna, e poi MySpace e Facebook, che in occasione del Safer internet day del 10 febbraio scorso si sono dichiarati disponibili a contrastare il bullismo digitale, che sta aumentando nel mondo anglosassone [...] Anche nel nostro Paese, però, da qualche anno il tema delle prepotenze tra giovanissimi è sotto stretto monitoraggio: il ministero dell'Istruzione ha istituito il sito Smonta il bullo e il numero verde 800 66 96 96. "Il problema - avverte Facchinetti - non va sottostimato, ma bisogna stare attenti a non criminalizzare l'uso delle nuove tecnologie. L'importante è creare una cultura di responsabilità rispetto alle conseguenze di un utilizzo sbagliato". Secondo l'esperto, i toni forti della campagna inglese "non corrispondono alla realtà italiana": "Sono casi limite e non devono oscurare gli episodi di bullismo più lievi, che comunque provocano moltissima sofferenza".
(Chiara Brusa, Repubblica, 24 marzo 2009)

ROMA - Famiglie inesistenti, videogiochi violenti, mancanza di regole. Così si diventa bulli. A tracciare l'identikit è Paola Vinciguerra, psicologa, presidente dell'Eurodap (Associazione europea disturbi da attacchi di panico), in base a un'indagine condotta su un gruppo di 600 persone sul fenomeno bullismo.
«Il dato più interessante e allo stesso tempo preoccupante - spiega la Vinciguerra - è che il 70 per cento delle persone che hanno risposto al nostro sondaggio online, quelle con un'età compresa tra i 18 e i 45 anni, considerano il bullismo unicamente come comportamento di trasgressione sociale, come può essere quello di vestirsi in maniera appariscente riempiendosi di piercing, per esempio». Questo, in sostanza, significa che gli stessi adolescenti e i loro genitori non considerano il bullismo come un problema sul quale porre particolare attenzione. La psicoterapeuta, anche direttore dell'Unità italiana attacchi di panico (Uiap) presso la Clinica Paiedia di Roma, aggiunge che «il 50 per cento di coloro che hanno risposto al sondaggio, e che hanno un'età compresa tra i 45 e i 55 anni, riconosce il fenomeno come realmente esistente ed allarmante, riconducendone la responsabilità primaria alle istituzioni e in modo particolare alla scuola». Più si è adulti, dunque, e più ci si rende conto della grandezza e gravità del fenomeno. Il 70 per cento degli over 55 che hanno partecipato al questionario online, infatti, considerano il bullismo un fenomeno esistente e addebitano la responsabilità in primo luogo alla famiglia, e poi alle istituzioni.
Ma cosa si nasconde dietro il bullismo? «Le cause degli atteggiamenti aggressivi tipici di questo fenomeno - continua la Vinciguerra - sono da ricercare nella sfera familiare innanzitutto, poi in quella scolastica e istituzionale. La nuova struttura familiare non è più un solido riferimento indistruttibile: le separazioni dei genitori sono in aumento e gli equilibri relazionali e gli schemi educativi, che vanno a determinarsi dopo la separazione, sono precari e lontani dalle esigenze dei bambini e degli adolescenti», avverte. «Inoltre si passa troppo poco tempo con i figli per spiegare e trasmettere codici morali di stile di vita e per capire i loro disagi cercando di rassicurarli». Secondo l'esperta, è necessario mettere in discussione lo stile di vita che ci viene proposto. «Il fare frenetico - afferma - svuota le azioni del loro significato primario che dovrebbe essere quello emotivo. Le leggi che regolano la nostra cultura consumistica sono la transitorietà e l'appagamento immediato del desiderio a discapito della durevolezza e quindi della stabilità e della conquista del desiderio, con il conseguente atteggiamento di emarginazione di coloro che non riescono a stare al passo» [...] «Per non parlare dell'uso smodato di tv, Internet e videogiochi: tutti e tre elementi assolutamente dannosi per i bambini e gli adolescenti», prosegue la psicologa, secondo la quale le istituzioni dovrebbero vigilare su tutto ciò che, in maniera così libera e senza controllo, gira in Rete, nonchè sulla commercializzazione dei videogiochi dai contenuti aggressivi. «Ma ciò che risulta preoccupante - aggiunge - è come sia cambiato il ruolo del vincente. Il vincente, infatti, non è come per le generazioni precedenti il buono e il coraggioso che mette a repentaglio la sua vita per difendere la vittima dal cattivo. Il vincente, oggi, è colui il quale uccide di più, ruba di più». «Inoltre - sottolinea la Vinciguerra - i ragazzi sono particolarmente stimolati dalle immagini violente che si trovano facilmente su Internet. Immagini che mostrano comportamenti violenti e molto aggressivi che agli adolescenti possono risultare normali. Non possiamo quindi meravigliarci se i nostri ragazzi siano aggressivi e contrari a qualsiasi forma di regola: forse non abbiamo vigilato sull'insegnamento di validi modelli di riferimento da proporre loro e i giovani, con questa nuova idea di come si deve essere vincenti, costruiranno la futura società».
Per quanto concerne poi la famiglia, «sicuramente - suggerisce la psicologa - dobbiamo cominciare a fare un lavoro di educazione con i nostri figli, che non è solo quello di impartire regole sommarie di buona educazione. Il problema è che i nostri ragazzi non sono abituati alla comunicazione del loro vissuto emotivo ed affettivo: questo dobbiamo insegnarglielo noi. Li dobbiamo osservare, cercando di intuire i loro disagi, parlarne e rassicurarli. I ragazzi hanno bisogno di regole, da soli non riescono ad orientarsi. Ma noi adulti dove siamo? - chiede critica l'esperta - Controlliamo quanto stanno davanti alla tv o quanto tempo passano attaccati a Internet o ai loro videogames? L'era del genitore amico, visti i risultati, è tramontata. L'autoritarismo ha creato stuoli di depressi e aggressivi? Dobbiamo allora percorrere la strada del dialogo, della spiegazione, ma non dobbiamo perdere la nostra autorevolezza. Che scuola ed istituzioni - conclude la Vinciguerra con un appello - affianchino i genitori con corsi di supporto per far sì che svolgano al meglio il loro delicato compito, che intervengano dove è di loro competenza consultandosi con professionisti del settore» (Corriere della Sera, 19 gennaio 2009)

"Diciamo che un ragazzo subisce delle prepotenze quando un altro ragazzo o un gruppo di ragazzi gli dicono cose cattive e spiacevoli. E' sempre prepotenza quando un ragazzo riceve colpi, pugni, calci e minacce, quando viene rinchiuso in una stanza, riceve bigliettini con offese e parolacce, quando nessuno gli rivolge mai la parola e altre cose di questo genere. Questi fatti capitano spesso e chi subisce non riesce a difendersi. Si tratta sempre di prepotenze anche quando un ragazzo viene preso in giro ripetutamente e con cattiveria. Non si tratta di prepotenze quando due ragazzi, all'incirca della stessa forza, litigano tra loro o fanno finta" (E. Menesini, Bullismo. Che fare? Prevenzione e strategie d'intervento nella scuola, 1990)

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